Ci sono stati tempi in cui i "rivoluzionari"
affascinavano, o erano guardati con sospetto e paura, oppure erano visti come
degli idealisti o dei poveri illusi. Ma non rischiavano mai di annoiare, o di intristire,
come tanti "nuovi rivoluzionari" di oggi. Il fatto è che, lo "spirito
rivoluzionario", è stato sempre identificato sia con la capacità di immaginare e
indicare la possibilità di un
mondo diverso, sia con una maggiore acutezza nel "vedere" e riconoscere
processi vitali e sociali di trasformazione "già" in atto, dal
momento che, e i rivoluzionari di ogni tempo lo hanno sempre saputo, tutto si
evolve e si trasforma continuamente davanti ai nostri occhi. Inoltre i rivoluzionari
di ogni tempo, quelli, veramente, alla ricerca del cambiamento, erano
consapevoli della necessità di cominciare
a cambiare qualcosa, anche nella propria vita, per realizzarlo. Oggi, invece,
nella nostra società
avanzata, sembra diffondersi un altro tipo di lotta per il cambiamento.
Si tratta di una forma di lotta che, da
un lato, si esprime attraverso modalità alterate della - pur necessaria - capacità critica, la quale
tende a ridursi a una lamentela continua e improduttiva; dall'altro
lato, questo “nuovo” tipo di azione
rivoluzionaria spinge i più "militanti", gli osservatori “attenti” e gli "esperti", a
ritenere loro compito essenziale, semplicemente, il sottolineare senza
tregua i mali sociali, come se questi ultimi, in una società democratica, come quella
occidentale, non fossero sempre davanti agli occhi di tutti.
La verità è che, a quanto pare, molti, oggi, ritengono di
incarnare più
potenzialità di
lotta e maggiore spinta al cambiamento, se riescono a rappresentare come disperato
e irrecuperabile lo stato presente delle cose, invece di indicare
soluzioni possibili e iniziare
cammini concreti di trasformazione. Fermarsi
solo a dipingere tutto come il regno dell'iniquità senza speranza è troppo facile. Potrebbe forse aiutare alcuni ad assumere
- e mantenere nella società dello spettacolo - un ruolo "profetico" di
unici e più
credibili salvatori; ma, in realtà, una situazione percepita
come disperata, toglie speranza e desiderio di cambiamento, e spinge,
piuttosto, alla rassegnazione e all'adattamento. Infatti, una situazione
in cui tutto volgesse al peggio, che possibilità avrebbe di essere modificata, se non per una improbabile
palingenesi o per un intervento "divino"? In fondo questi “nuovi” rivoluzionari, per i quali l’obiettivo fondamentale è il cambiamento radicale, adesso e subito, non sono altro che i “vecchi” millenaristi religiosi di sempre, però con altre vesti!
In verità, in fatto di rivoluzioni e di trasformazioni sociali,
preferisco attenermi all'idea che il vecchio Marx aveva dedotto sia
dalla lezione di Hegel, sia da una chiara coscienza della storicità essenziale delle istituzioni e relazioni umane, sia, anche
da una grande attenzione alle dinamiche dell'inarrestabile evoluzione
umana, che il suo contemporaneo Darwin andava studiando e discutendo, non
lontano da casa sua. Secondo quella idea, nessuna situazione può essere modificata o
rivoluzionata se non esistono già, in quella stessa situazione, fattori
"oggettivi" e "soggettivi", embrioni e forze del
cambiamento. In altre parole, se il cambiamento non è, potenzialmente, già all'opera. La stessa consapevolezza, fondata, credo, su
analoghe premesse culturali, ha spinto Edgar Morin ad affermare: "quando
tutto deve ricominciare, allora tutto è già ricominciato".
Perciò, credo che l'abilità politica o rivoluzionaria stia, solo, nella "prontezza"
e "acutezza" nel riconoscere quei fattori (oggettivi e
soggettivi) e nella capacità di utilizzarli e organizzarli. Il che
significa che, per rivoluzionari, progressisti, riformatori, radicali, degni di
questo nome, per i veri politici o per chi davvero avverte la necessità del cambiamento, nessuna
situazione può essere
ritenuta disperata, cioè priva di fattori e dinamiche positive su cui è possibile, con pazienza
e intelligenza - politiche! - far leva per cambiare lo stato
delle cose esistenti.
E quindi, se proprio non riescono a individuare quei
fattori e a immaginare la metodologia per "accompagnarli",
i "radicali" ad ogni costo, i professionisti della rivoluzione e gli
"esperti" del cambiamento, farebbero bene a cercarsi un altro
mestiere. Potrebbero, per esempio, vendere palloncini: con quelli è così facile, solo con un piccolo
spillo e un semplice gesto, far saltare tutto, in un attimo!
1 commento:
Sono d'accordo pienamente con te. Ho avuto modo di sperimentare più volte che molti dei sedicenti rivoluzionri sono solo dei ribelli, persone cioè alle quali non vanno bene le cose così come sono, ma che non sono in grado di immaginare o costruire vie d'uscita. Quella dei palloncini potrebbe essere per loro una buona occupazione.
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