Ci sono stati momenti, nella storia umana, in cui l'unico atto "rivoluzionario",
possibile, è stato l'esercizio della "secessione".
Ma attenzione! Qui non ci si riferisce ai grotteschi progetti
con cui alcuni gruppi politici, qua e là per il mondo, tentano di sottrarsi
alle dinamiche e alle sofferenze del
mondo globalizzato, sognando nuovi Stati, grandi magari quanto il palmo di
una mano. E neppure a quella forma di "secessione individuale"
di certe "anime candide", alle quali basta che la propria terra appaia
"sfiorita", o malata, per snobbarla e dichiarare il proprio plateale
congedo da essa, invece di inventare modi per migliorarla.
No, qui il termine "secessione" conquista dignità, e tutt'altro senso: molto più
denso e radicale. "Secessione", qui, è utilizzato nel significato
proposto da P.Sloterdijk - pensatore
tra i più interessanti e fecondi -, nel suo Devi
cambiare la tua vita (Cortina editore). Egli parla di
"secessione" per indicare quel complesso di metodi, di esercizi
spirituali, escogitati dallo spirito umano, nel corso del suo cammino
storico, "per prendere le distanze
dall'esistenza consueta": non il "congedo" ma le
"distanze". Da quei metodi e da quella abilità sono nate le
invenzioni e le immaginazioni della vita
teoretica e le ascensioni della vita
etica e spirituale. Perché, attraverso quelle abilità e quei metodi
l'essere umano ha saputo, nei suoi momenti più critici, "lasciarsi alle spalle il dominio del
probabile, ossia la dimensione che accomuna i più, per insediarsi in modo
nuovo in quello dell'improbabile", e dell'ulteriore.
Il fatto è che, oggi, proprio questa abilità sembra vada
scemando, mentre ce ne sarebbe davvero bisogno. Sarebbe necessario che la
capacità di “secessione” e gli esercizi corrispondenti, venissero attivati, non
solo da parte di chi ha poteri, responsabilità, ruoli culturali, spirituali o
educativi, come si è soliti pensare, ma da
parte di ogni essere umano. Riecheggiando un noto detto, oggi la vita e il
futuro del mondo sono in una fase troppo seria per affidarli solo a chi ha
potere o esercita ruoli preminenti in campo intellettuale o spirituale!
Occorrerebbe attivare tutto il
potenziale intellettivo, etico e spirituale umano, a tutti i livelli, anche
quelli minimi e apparentemente
insignificanti.
Ma siamo in grado di farlo? Non ci stiamo trasformando tutti - e
troppo unilateralmente - in spettatori della vita più che partecipanti
veri? Non siamo soltanto, o troppo, intenti alle lamentazioni, alle invettive,
alle recriminazioni, invece che riprendere l'"esercizio"
dell'"emigrazione permanente...dall'ottusità" e "la secessione
permanente del sentimento etico dalla meschinità realmente esistente"? E’
una questione di esercizio su se stessi,
e di esercizio ripetuto!
Non sarà che proprio quando è più urgente l’esercizio
del pensiero riflessivo e dell’ immaginazione individuale e collettiva, quando
è più necessaria questa capacità di “àskesis” interiore, ci ritroviamo
talmente "riformattati"
dal "linguaggio sincronico delle merci e delle informazioni quotidiane che
compongono la realtà" (P. Perticari), da perdere la nostra più specifica tradizione umana, la tradizione del
pensiero, fino ad accontentarci di essere solo consumatori di prodotti culturali o interpreti teleguidati di mere "istruzioni per l'uso", e non più
capaci di pensiero teorico, non più persone spirituali, tanto meno educatori, cioè
gente con qualcosa da dire o da dare?
Non rischiamo, tutti, una volta disattivate le abilita teoretiche e "riflessive",
di diventare solo "funzionari",
o semplici “impiegati”, di qualcosa? Solo funzionari della cultura,
solo funzionari della scienza, solo funzionari del
sacro, solo funzionari dell'educazione, solo funzionari
della politica, solo funzionari della salute, solo
funzionari dell'arte, solo funzionari del mercato, solo
funzionari della produzione, solo funzionari dell'informazione,
ecc....ecc.?
Ma se è così, quale futuro potremo attendere?
Nessun commento:
Posta un commento