“Ci sono tempi nei quali pensare che esista qualcos’altro o
che la realtà possa anche essere diversa
da quella che al momento ci si offre come unica può essere il solo conforto possibile” (W. Schmid).
Quello che stiamo vivendo adesso è proprio uno di quei
momenti? Certo, oggi un qualche bisogno di conforto sembra evidente, per molte
ragioni. Ma, forse, avremmo bisogno di introdurre quella modalità di pensiero in ogni fase della nostra vita. E non pretendere
di occupare tutte le caselle, in
ogni possibile rappresentazione del mondo e della realtà.
Allenarsi a lasciare, invece, sempre, un “posto vuoto”, una porta aperta, si
potrebbe dire, senza la quale siamo destinati a sentirci “incartati”, in forme
di esistenza che non appaiono sempre splendide! In effetti, se fossimo capaci
di andare oltre l’apparenza, l’ovvio e lo scontato, forse riusciremmo già a “sentire”,
o a pensare almeno, che esiste qualcos’altro,
al di là di ciò che riusciamo, in certi momenti, a vedere o ad immaginare.
E lasciamo perdere quei presunti “soloni” - dell’informazione,
della cultura, della politica, ecc. - che “pontificano”, con la pretesa di rappresentare lo stato delle
cose e i destini delle comunità, e ripropongono testardamente le loro
elucubrazioni, noncuranti del fatto che la storia le smentisca continuamente. Sarebbe
un bell’esercizio di ecologia della
mente, non perdere di vista che tutte le analisi e le conoscenze, proposte
come rigorose e oggettive, sono solo
interpretazioni e non descrizioni della complessa realtà. Si può sempre
pensare che esista qualcos’altro, appunto!
Ci sono più cose in cielo e in terra di quante i nostri modelli concettuali, costruiti
dall’uomo sulla base del già sperimentato e del già dato, riescano a rendere
visibili. Quante dimensioni
dell’esistere, quante connessioni
possibili rimangono nell’ombra e nell’impensato! C’è sempre qualcosa d’altro che la nostra conoscenza, anche
quella più “scientifica” o
consolidata, lascia fuori. Spesso per la pigra abitudine a voler far “quadrare” i fatti negli schemi di
racconti già sentiti.
C’è sempre qualcos’altro in una relazione, per esempio, o
nella vicenda di un amore, che può permettere di pensare e narrare diversamente
esperienze e storie. E non è raro che qualcosa di inaspettato, talora, appaia e
cambi la vita.
C’è sempre qualcos’altro, oltre le asserite evidenze, forzatamente univoche, anche nella
convivenza sociale o nelle dinamiche politiche, che può rendere possibile immaginare
e inventare un cammino comune verso un’altra polis.
C’è sempre qualcos’altro anche negli orizzonti di futuro, su
cui siamo fissati e che continuiamo a proiettare come vecchi film, nei quali
non riusciamo a cogliere quei dettagli, che spesso irrompono, inattesi, a
cambiare la scena.
C’è sempre qualcos’altro anche nel nostro sé interiore, o
nelle dimensioni molteplici della nostra anima, - i cui confini, diceva il
filosofo, non si possono mai raggiungere completamente. Anche il racconto di
una vita a brandelli lascia sempre fuori qualcos’altro, che un nuovo e diverso
modo di raccontare potrebbe far emergere e rendere fecondo.
È noto che i bambini
chiedono che venga loro narrata, anche decine di volte, la stessa storia, e
sembra che lo facciano solo per il piacere della narrazione e dell’ascolto. Ma
forse non è proprio così. Infatti, ricordo che, bambino di 5 o 6 anni, anche a
me piaceva sentirmi ri-narrare vecchie storie già sentite e conosciute. Ma rammento
anche, molto bene, che, ogni volta, speravo o attendevo che, durante il
racconto, apparissero fatti nuovi, oppure eventi inaspettati, che portassero,
magari, a un’altra conclusione!
Solo ingenuità infantile o piuttosto quel necessario impulso vitale,
umano, ma più forte e impellente nei bambini, a non considerare nessuna
conoscenza – nessuna ricostruzione - come esaustiva, e a tentare di sfuggire
dalla rete di modelli standardizzati, che presumono, inutilmente, di
imprigionare la realtà, la quale rimane sempre più ampia della conoscenza che se ne può avere?
1 commento:
Il “posto vuoto” è lo spazio dell'attesa inconcludente.
Non recidere il filo della trama!
Inconcluso lascia il disegno!
Non ostinarti ad aggiungere tessere
al mosaico! storie più belle
attendono i vuoti interstizi.
Incantevole è l'opera abbozzata!
L'incompiuto non finito sporge
sull'abisso
dell'abbandono.
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