Dicono che oggi è in atto una profonda crisi di autorità, delle
autorità, di ogni tipo di autorità
non solo e neppure primariamente di quelle politiche. Dicono che le autorità
non paiono all’altezza delle sfide dei tempi. Dicono che la corruzione e il primato degli interessi di casta o di clan rende le autorità non uno strumento di
soluzione dei problemi ma piuttosto un
peso e un problema, che aggrava gli altri problemi. Dicono che l’uso distorto dei poteri, di ogni
forma di potere, modifica non solo la natura e il senso dell’autorità ma corrompe l’intero tessuto sociale. Dicono che spesso l’autorità diventa solo un ostacolo
da abbattere, come è pure accaduto recentemente e accade ancora. Dicono anche,
alcuni, che non resta che lo sberleffo
e che intorno all’autorità, convenga solo danzare al ritmo del V-day!
Ma cosa manca davvero
all’autorità? Cosa manca davvero oggi? Perché, in realtà, se si scruta nella memoria
storica, in ogni epoca, a parte pochi momenti “felici”, quei difetti, quelle
macchie, quelle colpe e quegli handicap che oggi sono, in modo così appariscente, stampati sul volto delle autorità, non
sono mai mancati del tutto. In effetti la degenerazione
e la delegittimazione dell’autorità
e dei poteri è sempre stato uno dei maggiori problemi della comunità umana. Che
ha affaticato e rallentato il cammino e
la crescita degli umani.
Eppure forse non è sempre stato
così. Forse non è ineluttabile che
sia così. Forse una “altra autorità” è possibile. Forse
appartiene alle aspirazioni umane che sia possibile. Infatti una traccia di questa possibilità è rinvenibile
nel fondo del linguaggio umano, come
sempre! Forse è proprio vero, come ha scritto qualcuno, che “il linguaggio è la
casa dell’essere”. Forse è lì, negli strati più profondi dl linguaggio, che
bisogna cercare come appassionati archeologi,
una antica sapienza dimenticata.
Forse occorre non smettere di inseguire
tracce e percorsi del linguaggio se vogliamo capire qualcosa di quello che siamo. Per cercare, magari, soluzioni
anche ai problemi e alle domande
d’oggi.
Tornare alla “scuola
delle parole”, allora, costringendole a dirci quello che sanno, quello che una vola hanno visto e
sperimentato, e che noi non riusciamo più a decifrare. A condizione di rispettare la loro storia,
la loro identità e alterità. Soprattutto,
rifiutandosi di “usarle” soltanto, come si fa troppo spesso oggi, da parte di
chiunque. Forse occorre reimparare a meditarle,
ad ascoltarle, a contemplarle! Occorre ridiventare soprattutto “uditori
attenti delle parole”. Attenti al non
detto, in cerca di segreti che
esse conservano gelosamente, nelle pieghe della loro storia vissuta.
Se saremo capaci di questo, rifletteremo
sul fatto che forse non è un caso che “AUTORITA’” abbia a che fare e venga
dalla parola latina “AUCTOR”. “Auctor” è chi
crea, chi genera, chi scopre, non tanto chi si impone agli altri, o controlla
gli altri, o piega gli altri, o si serve degli altri, o è servito dagli altri o
è idolatrato dagli altri.
Autorità – auctor - è creatività,
è invenzione, è immaginazione.
Creatività è capacità di speranza.
Creatività è accoglienza. Creatività è convivio con la diversità.
Creatività – auctor - è anche imparare, è il coraggio di imparare!
Autorità del genere avrebbero qualcosa da dire e da dare – forse –
alla gente d’oggi.
È facile immaginare in quale mondo saremmo se chi
esercita una qualunque forma di autorità
– a partire dalle forme più “quotidiane” - sentisse di dover assumere questi
atteggiamenti e questo stile! E se tutti
esigessimo e ci aspettassimo
soprattutto “questo” stile dalle autorità di ogni tipo!
Beh, forse anche il cammino
attraverso le “crisi” di ogni genere che accompagneranno, in modo sempre più
costante, la storia della comunità umana, apparirebbe più agevole e “naturale”!